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D.P.C.M. 12/10/2007
5.3.2 LV2: valutazione su singoli macroelementi (meccanismi locali di collasso) Questo livello di valutazione si applica nei casi in cui sono previsti interventi di restauro che interessano singole parti della costruzione. La valutazione della sicurezza sismica nell’ambito di progetti di intervento su singoli elementi può essere eseguita facendo riferimento a modelli locali, riferiti a porzioni strutturalmente autonome della costruzione (macroelementi); tali modelli possono essere sviluppati seguendo le indicazioni in Allegato B (modelli non lineari ad elementi finiti, analisi limite) ed analizzati con riferimento ai metodi indicati al punto 5.2. Nel caso di interventi locali, che non modificano in modo sostanziale il funzionamento originale accertato, sarebbe particolarmente gravoso imporre una valutazione complessiva, estesa all’intera costruzione, specie quando questa risulta molto articolata e l’intervento ha un impatto modesto sul comportamento 11 A titolo puramente indicativo, nel caso di manufatti particolari o tipologie per le quali non siano utilizzabili i modelli semplificati successivamente proposti e non possano esserne definiti di equivalenti, è possibile associare ai livelli qualitativi di vulnerabilità un intervallo di valori dell’accelerazione allo stato limite ultimo aSLU; nel caso di un manufatto con coefficiente di importanza pari a 1, posto su terreno di fondazione di tipo A ed in assenza di effetti di amplificazione topografica, si otterrebbero i seguenti valori dell’indice di sicurezza a seconda della zona sismica in cui è collocato (si ricorda che, in realtà, sarebbe opportuno ricavare l’accelerazione di riferimento al suolo direttamente da una mappa di pericolosità – vedi punto 3.2): . vulnerabilità alta aSLU da 0.1 a 0.2 g ag=0.35 g (zona 1) IS da 0.34 a 0.57 . vulnerabilità media aSLU da 0.2 a 0.3 g ag=0.35 g (zona 1) IS da 0.57 a 0.86 . vulnerabilità bassa aSLU da 0.3 a 0.4 g ag=0.35 g (zona 1) IS da 0.86 a 1.14 . vulnerabilità alta aSLU da 0.1 a 0.2 g ag=0.15 g (zona 3) IS da 0.67 a 1.33 . vulnerabilità media aSLU da 0.2 a 0.3 g ag=0.15 g (zona 3) IS da 1.33 a 2.00 . vulnerabilità bassa aSLU da 0.3 a 0.4 g ag=0.15 g (zona 3) IS da 2.00 a 2.67 complessivo. Tuttavia, siccome l’Ordinanza richiede che per qualsiasi intervento di miglioramento venga calcolata l’accelerazione di collasso, relativamente al manufatto nel suo complesso, in questi casi la valutazione della sicurezza sismica complessiva può essere stimata con gli strumenti del livello di valutazione LV1. Nella definizione dei macroelementi e dei meccanismi di collasso che possono interessare la zona oggetto di intervento è necessario considerare l’eventuale presenza di stati di danneggiamento pregressi (specie se di origine sismica) e le conoscenze sul comportamento di strutture simili (desunte dal rilievo sistematico dei danni post-terremoto). L’analisi cinematica, lineare o non lineare, rappresenta lo strumento in genere più efficace ed agevole per tale valutazione; i risultati ottenibili possono però essere eccessivamente cautelativi se non vengono considerati i diversi dettagli costruttivi che determinano il comportamento reale: presenza di catene, ammorsamento tra murature ortogonali, tessitura muraria, condizioni di vincolo degli orizzontamenti. Per ciascun macroelemento analizzato, il confronto tra le accelerazioni allo stato limite ultimo prima e dopo l’intervento consente di esprimere un giudizio sul grado di miglioramento conseguito, evidenziando l’inutilità di alcuni interventi, nel caso in cui il margine di miglioramento fosse modesto rispetto al negativo impatto dell’intervento in termini di conservazione. Inoltre, considerando l’accelerazione massima al suolo di riferimento nel sito, è possibile valutare l’effettiva necessità degli interventi; infatti, negli elementi in cui l’accelerazione allo stato limite ultimo fosse già superiore a quest’ultima, non sarebbe necessario procedere al miglioramento sismico di quella parte. complessivo. Tuttavia, siccome l’Ordinanza richiede che per qualsiasi intervento di miglioramento venga calcolata l’accelerazione di collasso, relativamente al manufatto nel suo complesso, in questi casi la valutazione della sicurezza sismica complessiva può essere stimata con gli strumenti del livello di valutazione LV1. Nella definizione dei macroelementi e dei meccanismi di collasso che possono interessare la zona oggetto di intervento è necessario considerare l’eventuale presenza di stati di danneggiamento pregressi (specie se di origine sismica) e le conoscenze sul comportamento di strutture simili (desunte dal rilievo sistematico dei danni post-terremoto). L’analisi cinematica, lineare o non lineare, rappresenta lo strumento in genere più efficace ed agevole per tale valutazione; i risultati ottenibili possono però essere eccessivamente cautelativi se non vengono considerati i diversi dettagli costruttivi che determinano il comportamento reale: presenza di catene, ammorsamento tra murature ortogonali, tessitura muraria, condizioni di vincolo degli orizzontamenti. Per ciascun macroelemento analizzato, il confronto tra le accelerazioni allo stato limite ultimo prima e dopo l’intervento consente di esprimere un giudizio sul grado di miglioramento conseguito, evidenziando l’inutilità di alcuni interventi, nel caso in cui il margine di miglioramento fosse modesto rispetto al negativo impatto dell’intervento in termini di conservazione. Inoltre, considerando l’accelerazione massima al suolo di riferimento nel sito, è possibile valutare l’effettiva necessità degli interventi; infatti, negli elementi in cui l’accelerazione allo stato limite ultimo fosse già superiore a quest’ultima, non sarebbe necessario procedere al miglioramento sismico di quella parte. LV3: valutazione complessiva della risposta sismica del manufatto Questo livello di valutazione considera la sicurezza sismica della costruzione nel suo complesso, ovvero l’accelerazione del suolo che porta allo stato limite ultimo la costruzione nel suo complesso o singole sue parti significative (macroelementi). Il livello LV3 deve essere adottato nella progettazione di interventi che modifichino il funzionamento accertato della costruzione e, comunque, quando il restauro riguarda un edificio di tipo strategico, per l’importanza sociale di conoscere in modo attendibile la sicurezza di tali strutture. La verifica complessiva della risposta sismica del manufatto non richiede necessariamente il ricorso ad un modello globale della costruzione, ma è possibile procedere alla scomposizione della struttura in parti (macroelementi), a condizione che venga valutata la ripartizione delle azioni sismiche tra i diversi sistemi strutturali, in ragione delle diverse rigidezze e dei collegamenti tra le stesse; tale ripartizione può essere operata anche in modo approssimato, purché venga garantito l’equilibrio nei riguardi della totalità delle azioni orizzontali. La valutazione può quindi essere eseguita con gli stessi metodi utilizzati al livello LV2, ma sistematicamente su ciascun elemento della costruzione. Confrontando i valori ottenuti nei diversi macroelementi si può evidenziare l’inutilità di alcuni interventi: a) se il margine di miglioramento è modesto rispetto all’impatto dell’intervento sulla conservazione; b) per l’eccessiva sicurezza fornita ad alcuni macroelementi rispetto agli altri.
5.4 Modelli di valutazione per tipologie
5.4.1 Premessa Il concetto di tipologia male si adatta a manufatti storici, che dovrebbero essere considerati elementi unici della storia del costruire, per il modo con il quale sono stati concepiti, realizzati e si sono trasformati nel tempo. Tuttavia, nella maggior parte delle costruzioni storiche è possibile riconoscere caratteri ricorrenti e quindi può risultare utile esemplificare quanto indicato nei precedenti paragrafi, chiarendo il significato di concetti teorici e metodologici nella loro applicazione a situazioni reali. In questo paragrafo sono quindi fornite indicazioni esemplificative specifiche per l’analisi e la valutazione della risposta sismica nel caso delle più diffuse tipologie di manufatti tutelati. Vengono anche proposti modelli meccanici semplificati (LV1) per le verifiche da eseguire sull’intero patrimonio culturale tutelato a scala territoriale, ai fini di una valutazione preventiva del rischio. Si sottolinea come, nella prudenza generale cui ci si deve riferire nell’adozione di tali modelli, particolare attenzione vada posta nei confronti delle tipologie di cui al punto 5.4.3 (Chiese, luoghi di culto ed altre strutture con grandi aule, senza orizzontamenti intermedi), che essendo trattate su base statistica, non possono esaurire la grande diversificazione tipologica nella quale esse sono articolate. orizzontamenti intermedi), che essendo trattate su base statistica, non possono esaurire la grande diversificazione tipologica nella quale esse sono articolate. Palazzi, ville ed altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti intermedi Questa tipologia strutturale si riferisce a costruzioni con sviluppo planimetrico anche complesso, costituite da un sistema di pareti portanti perimetrali ed interne, disposte secondo diverse direzioni, e da un sistema di orizzontamenti intermedi, che spesso svolgono anche una funzione di collegamento. Esiste una evidente analogia con quello che viene genericamente identificato con il termine edificio, nel caso dell’edilizia ordinaria non tutelata. La modellazione complessiva dei palazzi e delle ville, quindi, può essere in genere eseguita con gli stessi modelli globali previsti dall’Ordinanza per gli edifici esistenti in muratura; in molti casi, proprio la cura costruttiva, la qualità dei materiali e la regolarità dell’impianto strutturale, aspetti che solitamente caratterizzano queste costruzioni, rendono maggiormente realistica l’adozione di un modello a telaio equivalente. Per la descrizione della parete in muratura come telaio equivalente si può fare riferimento alle indicazioni dell’Ordinanza. E’ peraltro evidente che la validità di ogni specifica indicazione dovrà essere verificata con riferimento alla singolarità del bene culturale in esame. Per esempio, in presenza di un piano nobile di interpiano elevato e molto differente rispetto agli altri, la formula approssimata per il calcolo del periodo proprio di vibrazione non garantisce risultati attendibili: si consiglia in tal caso di procedere ad una valutazione più accurata, con metodi approssimati o con una vera e propria analisi modale. La stessa cosa può verificarsi in presenza di logge o porticati, che interessino una parte significativa a livello planimetrico; in tali situazioni la stessa modellazione a telaio equivalente potrebbe risultare piuttosto approssimativa. In questi casi, l’analisi globale può essere utile per una valutazione complessiva della sicurezza della costruzione, ma ciò non esime da una verifica di dettaglio delle logge e dei porticati attraverso modelli locali (macroelementi). Relativamente ai metodi di verifica suggeriti per i singoli elementi, è opportuno considerare che le indicazioni per gli edifici ordinari sono in alcuni casi largamente cautelative, perché dettate da una limitata conoscenza sperimentale. Ad esempio, il modello di resistenza delle travi murarie orizzontali di accoppiamento (zone poste tra le aperture di due piani successivi) non considera la resistenza a trazione che si realizza nella muratura su un piano verticale, in virtù dell’ingranamento tra i blocchi. Modelli alternativi di comportamento delle travi di accoppiamento possono essere adottati, purché adeguatamente giustificati. Un altro aspetto determinante è la definizione dello spostamento ultimo per ciascun elemento, che secondo l’Ordinanza è una frazione della sua altezza; i valori suggeriti sono stati verificati sperimentalmente in un certo campo di possibile variazione, ma non è detto che sia corretto estrapolare questa regola ad ogni possibile situazione (ad esempio per maschi murari molto bassi o nelle travi di accoppiamento, in presenza di piccole aperture, i valori suggeriti sono certamente troppo bassi). Anche in questo caso, è possibile adottare valori alternativi, purché giustificati. Nel caso di strutture portanti orizzontali formate da elementi voltati, in funzione della tipologia delle volte, delle caratteristiche del materiale, del loro spessore e del tipo di connessione alle imposte, potrà essere valutato un valore opportuno per la rigidezza da attribuire al solaio equivalente. Per quest’ultimo è consentito ipotizzare un comportamento elastico lineare, purché sia definita una deformazione angolare ultima nel piano, funzione della tipologia di volta. Nel caso in cui la struttura presenti tipologia particolare, non riconducibile alla schematizzazione a telaio equivalente, dovrà essere adottato un opportuno modello. Una possibilità è quella di creare un modello strutturale globale agli elementi finiti, con un legame costitutivo non lineare che rappresenti il comportamento della muratura (per esempio, esso dovrà essere in grado di cogliere la limitata resistenza a compressione e a trazione, il degrado delle caratteristiche meccaniche in fase non lineare, eventualmente anche la dissipazione energetica che si realizza a seguito di azioni cicliche). In particolare, in presenza di alcuni elementi architettonici (grandi atri, logge, chiostri, ecc.), la modellazione complessiva del manufatto può essere eseguita schematizzando queste parti in modo approssimato, ed operando verifiche su modelli locali di dettaglio per sottostrutture. Se l’edificio non è isolato, ma risulta parzialmente inglobato o appartiene ad una schiera, le interazioni con le altre costruzioni potranno essere tenute in considerazione, a seconda che la posizione risulti sfavorevole (edificio di testa o d’angolo) o favorevole (edificio intercluso), tramite l’applicazione di forze sismiche aggiuntive, che potrebbero essere trasmesse dalle costruzioni adiacenti, o tramite l’inserimento di vincoli orizzontali di opportuna rigidezza (utili suggerimenti sono contenuti al punto 11.5.4.3.2 dell’Ordinanza). Nel comportamento sismico dei palazzi e delle ville, l’analisi dei meccanismi locali risulta di fondamentale importanza ed in nessun caso l’analisi globale può sostituirsi a questi. Gli edifici storici, anche quando realizzati con materiali e tecniche di buona qualità, spesso non presentano sistematici collegamenti a livello di piano (catene, cordoli); inoltre, i criteri di proporzionamento geometrico che venivano adottati (distanza tra i muri di spina, distanza delle aperture dai cantonali, ecc.) non sempre sono sufficienti a prevenire ogni possibile meccanismo locale. Sulla base dell’osservazione diretta sul manufatto o considerando situazioni analoghe (rilevate a seguito di eventi sismici su manufatti simili), si devono individuare i meccanismi potenzialmente attivabili nella costruzione e valutarne la vulnerabilità sismica. Un possibile strumento è l’analisi limite dell’equilibrio, ed in particolare la procedura formulata nell’Allegato 11.C dell’Ordinanza, secondo le metodologie di analisi cinematica lineare o cinematica non lineare. L’analisi dei meccanismi locali può tuttavia essere condotta anche con modelli non lineari ad elementi finiti, attraverso un’analisi incrementale fino a collasso. Un possibile modello meccanico semplificato per i palazzi è suggerito nel prossimo paragrafo. Nel comportamento sismico dei palazzi e delle ville, l’analisi dei meccanismi locali risulta di fondamentale importanza ed in nessun caso l’analisi globale può sostituirsi a questi. Gli edifici storici, anche quando realizzati con materiali e tecniche di buona qualità, spesso non presentano sistematici collegamenti a livello di piano (catene, cordoli); inoltre, i criteri di proporzionamento geometrico che venivano adottati (distanza tra i muri di spina, distanza delle aperture dai cantonali, ecc.) non sempre sono sufficienti a prevenire ogni possibile meccanismo locale. Sulla base dell’osservazione diretta sul manufatto o considerando situazioni analoghe (rilevate a seguito di eventi sismici su manufatti simili), si devono individuare i meccanismi potenzialmente attivabili nella costruzione e valutarne la vulnerabilità sismica. Un possibile strumento è l’analisi limite dell’equilibrio, ed in particolare la procedura formulata nell’Allegato 11.C dell’Ordinanza, secondo le metodologie di analisi cinematica lineare o cinematica non lineare. L’analisi dei meccanismi locali può tuttavia essere condotta anche con modelli non lineari ad elementi finiti, attraverso un’analisi incrementale fino a collasso. Un possibile modello meccanico semplificato per i palazzi è suggerito nel prossimo paragrafo. Nel caso di palazzi e ville che non presentino una tipologia costruttiva particolare, viene di seguito fornito un modello meccanico semplificato, che consente una valutazione quantitativa dell’accelerazione di collasso, nell’ipotesi che questo si verifichi per rottura delle pareti nel proprio piano, nell’ambito di un comportamento complessivo del manufatto. Nel caso in cui l’edificio risultasse più vulnerabile nei riguardi di qualche meccanismo locale (per carenza di collegamenti), rispetto al suo comportamento globale, si dovrà valutare l’accelerazione orizzontale che porta allo stato limite ultimo quel macroelemento e confrontarla con quella ottenuta dal modello nel seguito illustrato. L’accelerazione al suolo che porta al raggiungimento delle condizioni limite di collasso è data da: qFSLU a (5.2) SLUe*MC(T) dove: . FSLU è la resistenza a taglio dell’edificio; . q è il coefficiente di struttura, che può essere assunto pari a 3, per edifici regolari in elevazione, e 2.25 negli altri casi, avendo scelto un fattore di sovraresistenza pari a 1.5; . M è la massa sismica totale; . e* è la frazione di massa partecipante secondo il modo di collasso; . C(T) è lo spettro normalizzato ottenuto come rapporto fra lo spettro di risposta elastico (punto 3.2.3 dell’Ordinanza) e l’accelerazione massima del terreno che tiene conto delle caratteristiche del sito (agS). La resistenza a taglio dell’edificio viene ottenuta come la minore tra quelle valutate secondo due direzioni perpendicolari, scelte in genere secondo gli assi prevalenti dei muri portanti. Il modello consiste nel considerare, per ciascuna direzione, i pannelli murari portanti verticali e nell’ipotizzare che il collasso avvenga quando la tensione tangenziale media raggiunge un’opportuna quota parte della resistenza a taglio del materiale muratura. Considerando, a titolo di esempio, la direzione x ed un generico piano i dell’edificio: P ..A .. xi xi xidi F (5.3) SLU,xi ..xi in cui: . Axi è l’area resistente a taglio dei muri dell’i-esimo piano, posti secondo la direzione x (è opportuno considerare anche i pannelli aventi inclinazione .. compresa tra ±45°, considerando un’area efficace ridotta dal coefficiente cos ..); . ..xi è un coefficiente di irregolarità in pianta al piano i-esimo, associato alla eccentricità eyi, del centro delle rigidezze rispetto al baricentro delle masse (la cui entità può essere stimata), ed alla distanza dyi, tra il baricentro delle rigidezze e la parete in direzione x più esterna: e ..xi 1..2 dyi ..1.25 (5.4) yi Nel caso in cui siano state rilevate tutte le pareti portanti, il coefficiente di irregolarità in pianta può essere valutato in modo più accurato; note per la generica parete k, in direzione x, l’area resistente in Nel caso in cui siano state rilevate tutte le pareti portanti, il coefficiente di irregolarità in pianta può essere valutato in modo più accurato; note per la generica parete k, in direzione x, l’area resistente in xi,k e la posizione yk rispetto ad un sistema di riferimento, è possibile valutare il baricentro delle rigidezze (la sommatoria è estesa a tutte le pareti - ..kAxi,k=Axi): ..ykAxi,k yCi k (5.5) Axi Il coefficiente di irregolarità in pianta vale quindi: edA yi yi xi ..xi 1 ....1.25 (5.6)..(yk ....yCi )2 Axi,k k . ..xi è un coefficiente che considera l’omogeneità di rigidezza e resistenza dei maschi murari, che può essere così valutato: N A2 mxi ..xi, j ..xi 1 ..0.2 j ..1 ....0.8 (5.7) 2 Axi dove: Nmxi è il numero di maschi murari in direzione x, al piano i; Axi,j è l’area del generico maschio in direzione x al piano i (la sommatoria è estesa a tutti i maschi del piano - ..jAxi,j=Axi). . ..xi è un coefficiente legato al tipo di rottura prevista in prevalenza nei maschi murari dell’i-esimo piano; esso vale 1 nel caso di collasso per taglio, mentre può essere assunto pari a 0.8 nel caso di collasso per presso-flessione (maschi snelli o poco caricati verticalmente); . ..di è il valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura nei maschi murari del piano i: ..0i ......1 (5.8) di 0d 1.5..0d dove: ..0d è valore di calcolo della resistenza a taglio della muratura (valutato tenendo conto del fattore di confidenza FC); ..0i è la tensione verticale media sulla superficie resistente dei muri all’i-esimo piano. La massa M da considerare per la valutazione dell’azione sismica di collasso è quella associata ai carichi gravitazionali (Gk ......2iQki ) M i (5.9) g dove: Gk sono i carichi permanenti (al loro valore caratteristico), computati sull’intero edificio; Qki sono i carichi variabili accidentali (al loro valore caratteristico); g è l’accelerazione di gravità; ..Ei è un coefficiente di combinazione che tiene conto della probabilità che tutti i carichi variabili siano presenti in occasione del sisma. Infine, per valutare la frazione di massa partecipante al moto dinamico e* è necessario ipotizzare a priori un modo di collasso. Indicato con .. il vettore che rappresenta lo spostamento dei diversi piani secondo la forma assunta come modo di collasso (adimensionalizzato al valore unitario in sommità dell’edificio), la frazione di massa partecipante secondo il modo di collasso è data da: 2 ....m ..i .... e*i i (5.10) 2 M..m ..i i i in cui (essendo le somme estese a tutti i piani dell’edificio): mi è la massa del piano i-esimo; ..i è lo spostamento orizzontale al piano i-esimo. Nel caso in cui si possano assumere sostanzialmente costanti sia l’altezza di interpiano, sia la massa di piano, la formulazione può essere semplificata come segue: 2 ......i .... e*i (5.11) N..i ..i2 dove N è il numero di piani. Nel caso in cui non venga definito con precisione il modo di collasso .., è possibile fare riferimento a due meccanismi di collasso ricorrenti nel caso dei palazzi: . collasso del piano k-esimo – avviene quando un piano risulta decisamente più debole degli altri, per cui la costruzione non riesce a sfruttare le capacità dissipative e di spostamento degli altri piani, che restano in fase elastica (questo meccanismo avviene anche in presenza di cordoli o altri elementi di irrigidimento nella parete muraria a livello degli orizzontamenti); in questo caso la frazione di massa partecipante risulta: N ..1..k e* (5.12) N . collasso uniforme – avviene quando il collasso si presenta con la rottura delle fasce orizzontali di muratura a livello degli orizzontamenti, ed i maschi che collassano alla base del primo livello per presso flessione; la frazione di massa partecipante assume questa espressione: 0.25N..0.75 e* 0.75 .. (5.13) La valutazione dell’accelerazione di collasso va eseguita secondo i seguenti passi: . collasso a piano terra: a) calcolo della resistenza secondo le due direzioni in pianta ed identificazione della direzione di maggiore debolezza; b) scelta tra l’ipotesi di collasso per piano debole (5.12) o di tipo uniforme (5.13), in funzione della rigidezza e resistenza delle fasce di muratura tra le aperture a livello dei piani; c) valutazione dell’accelerazione di collasso al piano terra; . per ciascun piano superiore della costruzione: a) calcolo della resistenza secondo le due direzioni in pianta identificazione della direzione di maggiore debolezza; b) valutazione della accelerazione di collasso, assumendo l’ipotesi di collasso per piano debole; . valutazione dell’accelerazione aSLU dell’edifico, come minimo tra i valori corrispondenti al collasso per i diversi piani.
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